Non è facile dirlo, o meglio abbiamo pensato in diverse occasioni di
di averlo già raggiunto, ma sembra non sia solo un luogo comune che
il peggio non abbia limite.
La crisi della
democrazia invero non è solo italiana, ma tocca in maniera
diversa tutte le democrazie occidentali, rivelandosi più gravi
quanto più è il peso della organizzazione di partito nella vita
politica; fino a sembrare la causa o una delle cause della gravità
della crisi economica in questi paesi se confrontati con altri.
La particolarità
italiana (in compagnia di qualche altro piigs) è che l'arena
partitica versa in uno stato inguardabile e la credibilità
dell'intero sistema politico ha oltrepassato ogni limite tollerabile;
già una parte non irrilevante di cittadini lo ritiene un orpello
sorpassato, inutile, irrecuperabile (e devo dire che in qualche
attimo di scoramento, di fronte a qualche incredibile porcheria
l'abolizione tout-curt sembra l'unica opzione possibile, tanto il
marcio ha raggiunto le fondamenta.
“La democrazia è la
peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre
forme che si sono sperimentate finora” diceva Churchill, e se ce ne
fosse bisogno, la storia ha pure dimostrato che aveva ragione. Ma
fino a quando non inventeremo un sistema migliore, questo ci conviene
tenere; e immaginare una democrazia non mediata dalla rappresentanza
è utopia (in particolare quando già le dimensioni dello stato non
sono in grado di affrontare le sfide sovranazionali ed occorre
allargare la base governata in solido).
Se non mediata dalla
forma partito (libera associazione di cittadini che perseguono
attività politica) sfocia nel populismo oppure nello scontro tra
vecchi e nuovi egoismi, di ceto, di ricchezza, di territorio. E' la
forma partito che va ripensata per dare spazio a democrazia interna
ma contemporaneamente garantire che continui a perseguire un fine
comune e non possa cadere preda di poteri particolari.
E anche questo non è
semplice, anche se le nuove forme di comunicazione e aggregazione
lasciano intravedere una qualche possibilità di organizzazioni
reticolari anziché gerarchiche con posizioni derivanti dalla
collaborazione (un “molti verso molti”) anziché sul
convincimento (un “pochi verso molti”).
Traguardando un tempo
breve (uno dei principali difetti del nostro sistema politico è
proprio che il continuo misurarsi in elezioni dal significato sempre
e comunque nazionale spinge per decisioni il cui frutto sia visibile
a breve) non possiamo perderci in discorsi troppo filosofici, ADESSO
un partito deve essere credibilmente NUOVO, ogni sospetto di vecchio
riciclato è campagna elettorale a favore di Grillo.
Per questo sono
dell'opinione che sia estremamente importante, per non dire
fondamentale, dare una garanzia all'elettore in questo marasma di
proposte in cui tutti sono centristi e moderati oppure puri e duri, e
senza differenza puliti sostenitori del bene comune e disgustati
dall'approfittare della posizione per interesse personale.
Il
minimo che si possa imputare a chi è da tempo (non necessariamente
immemore) nell'agone politico è abnorme ingenuità nel non aver
capito quanto marcio è il sistema. Oppure disonestà, o almeno
essere disposti a tollerarla, o non essere in grado di combatterla, o
essersi assuefatto ad essa e tollerarla: in nessun caso meritevole di
ulteriore fiducia.
Un
partito che voglia la mia fiducia
allora deve adottare statuariamente il limite di mandati a tutte le
cariche interne ed elettive e a tutte le posizioni di nomina politica
in comitati, consigli di amministrazione e baracconi vari. Che altra
proposta potrebbe convincermi quando ormai nulla più mi stupisce?
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