mercoledì 25 settembre 2013
Telecom è ispanica. E pure piove, governo ladro.
Mi incuriosisce il vizio che sta all'origine del detto: è incapacità di analisi, pigrizia nell'informarsi o è proprio che noi italiani stiamo bene delegando tutte, ma proprio tutte, le responsabilità e vivendo le nostre vite da cicale?
Telecom è stata comprata, non da italiani, in un libero mercato con libera trattativa che i Catoni liberisti (anche quelli che ora si stracciano le vesti) hanno declamato fino a ieri e declameranno domani. Però il governo non doveva permetterlo. Con quali mezzi e con quale autorità nessuno prova a dirlo.
Certo poteva nazionalizzarla, tanto peggio di così l'Italia all'estero non può essere vista. Adesso proviamo a mettere qualche bastone tra le ruote e tanto vale che moltiplichiamo lo spread per 10...
Il governo che abbiamo, ma sopratutto quelli che ci siamo eletti dal 70 in poi (prima non ricordo come funzionava) hanno amministrato con l'attenzione del buon padre di famiglia, come no. Più che altro hanno viziato i figli che ora sono qui a lamentarsi che tutto è loro dovuto, colpe non ne hanno e responsabilità non parliamone. Governo incapace.
Se l'imprenditoria è l'espressione della società, proviamo a chiederci PERCHÉ Telecom non è più nazionale.
# aggiunto a mano
domenica 4 agosto 2013
Un giorno si farà chiarezza nella politica italiana?
Leggo sul sito di Italia Futura, a firma Montezemolo:
"Berlusconi può uscire bene da questa vicenda se saprà mantenere i nervi saldi, continuare a sostenere il governo Letta lealmente (come ha peraltro fatto sino a ora con persino maggiore convinzione del PD) e lavorare alla rifondazione di un’area liberale e moderna di centro destra, di cui l’Italia ha grande bisogno. A questo progetto, se impostato seriamente, e con grande attenzione alla qualità della classe dirigente, molti, fuori e dentro la politica, sarebbero interessati a dare un contributo. Se viceversa Berlusconi deciderà di scatenare l’ultima ordalia contro le istituzioni e gli interessi del Paese, nessuna forza politica responsabile, o cittadino che abbia a cuore il futuro dell’Italia, potrà sostenerlo o rimanere indifferente"
Siamo d'accordo nel giudizio, non sull'ultima frase; temo che cittadini e forze politiche che lo sostengano ne troverà sempre: etichettarli come irresponsabili non giova a nulla.
E chi sono gli attori della area liberale e moderna di centro destra? Non è dato capire dove si colloca, o si vorrebbe collocare "se", lo stesso Montezemolo.
Attendo con interesse l'assemblea di Scelta Civica: chi mi conosce sa quanto io aborri l'UDC e i suoi comportamenti opportunisti e ipocriti ma sa anche che mai mi presterò alla costruzione di un nuovo centrodestra se questo termine significa liberista. E come altro potrei leggere "area liberale e moderna di centrodestra" nella storia (mondiale) recente?
Non basta voler curare i sintomi (il disastro recente della economia italiana) si deve anche diagnosticare e curare la malattia.
Da una parte aspetto di capire cosa intende Scelta Civica per economia sociale di mercato (Monti alla assemblea degli eletti in SC: "Dobbiamo unire anima sociale solidaristica e anima liberale democratica: economia sociale di mercato"). Dall'altra parte spero ardentemente nasca una nuova destra liberale: così finalmente potremo tornare al confronto politico dopo 40 anni di scontro ideologico (sarebbe meglio frantumare pure il PD e veder nascere una sinistra moderna e un centro sturziano ma forse é sperare troppo).
Una meditazione utile è chiedersi se ricordiamo di aver letto in un programma elettorale qualsiasi degli ultimi 20-30 anni quale modello di società si intende realizzare? Un dibattito politico dovrebbe avere qui il suo centro nevralgico: quanto solidale , quanto liberale, quanto attenta alla crescita, quanto attenta agli ultimi, quanto premiale, quanto inclusiva, quanto accogliente, quanto chiusa vorremmo fosse l'Italia di domani?
# aggiunto a mano
martedì 18 giugno 2013
Lettera al direttore, pubblicata su Avvenire del 18 giugno 2013
Caro
Direttore,
grazie alla
riforma Fornero la mia pensione si sposta dal 2015 al (forse) 2021.
Questo non mi preoccupa: lavoro volentieri, fin che il lavoro c'è...
oggi, quando si è fuori, si è fuori, sopratutto oltre i 50...
Intendiamoci:
non credo nell'assistenzialismo, ma un po' di abitudine ad analizzare
dati (per professione) mi porta a interrogarmi sulla incoerenza alla
base dei provvedimenti invocati ed attuati per fronteggiare la crisi:
si trattiene al lavoro un “diversamente giovane” per risparmiare
sulla pensione e poter fornire un sussidio di disoccupazione?
Come la
politica della parità di bilancio eccessivamente rigida, deprimendo
i consumi, ha peggiorato la crisi economica, così diminuire o
bloccare la fuoriuscita in un un momento in cui entrare nel mondo del
lavoro è una lotteria vinta, più fantasia (in economia si chiama
innovazione), più coraggio, più determinazione sono necessarie per
rompere lo schema “chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori”.
Mi chiedo se
davvero le timide voci di scambio generazionale siano state
considerate o semplicemente archiviate come farneticazioni in nome di
un “conservatorismo”; cioè resistenza al cambiamento che poi è
la caratteristica di una compagine di comando “vecchia”.
Caro
direttore, se mi si offrisse un part time con affiancamento di un
neoassunto che mi sostituisca tra 5-6 anni quale sarebbe il costo?
Lo stato
potrebbe non chiedere contributi per il mio part-time, compensando
così una parte della riduzione del mio reddito; eviterebbe il
sostegno a un non occupato, che comunque la società deve erogare per
mantenerlo (essendo improduttivo, ma vivo) o direttamente come Stato
o come famiglia; avrebbe i contributi del suo compenso al posto dei
miei e senza avere una pensione da erogare come richiesto
dall'equilibrio del settore.
L'azienda
rischia pure di risparmiare (i contributi risparmiati e metà del mio
costo probabilmente sono più del costo di un neolaureato in questo
mercato drogato che non bada meno alla competenza che alla anzianità)
e si garantirebbe il mio know-how, il suo trasferimento a un giovane
e l'energia di forze nuove.
Avremmo un
non occupato in meno, un familiare a carico in meno, uno scoraggiato
in meno. Non è poco.
Non è
facile. Ma perchè, deve necessariamente essere facile
ben-amministrare?
Ovviamente
non è la panacea, non può essere applicato dappertutto e per tutti,
ma molti ex giovani oggi potrebbero sopportare un taglio di reddito
purché i figli lavorino e non siano più a carico, e la sanità non
diventi un onere da pagare invece che un servizio di cui usufruire.
Sicuramente un genitore avrebbe convenienza anche
economica nel lavorare in part time e non avere il figlio 25-enne a
carico e nullafacente.
Qual'è il
problema? Che nessuno ne approfitti (ad esempio lavorando o facendo
lavorare l'altro 50% del tempo in nero) sia dal lato datore di lavoro
che lavoratore. Come sempre il problema è etico!
# aggiunto a mano
giovedì 28 marzo 2013
Italica storia
Storiella (di origine ambientalista):
C'è una comunità di pescatori che vive (di pesca) intorno a un laghetto.
Vengono importate tecniche di pesca molto efficienti, per cui ci rende conto che il pescato è maggiore della capacità produttiva del lago.
Da buoni amministratori e persone intelligenti, i pescatori mettono al bando le tecniche "distruttive" e/o limitano il pescato pro-capite.
La storia, per il nostro paese la faccio procedere così: qualcuno fa il furbo e vive meglio degli altri che si autolimitano. Nessuno prende provvedimenti non solo perché la lobby dei furbi è potente ma anche perché in fondo si vive meglio pescando di più e tutti sono felici e contenti, da buone cicale. Quindi i furbi aumentano fino al punto di depauperare il lago, e la pesca diventa meno efficace a tal punto che chi pesca onestamente non riesce a sopravvivere.
Reazioni:
Tipo uno: i capi sono i ladri, inetti e corrotti. Si nega che il problema sia la pesca troppo sfruttata e si resta nella melma, si cambiano i capi ma non si affrontano i problemi alla radice. Se vince si rende il lago sempre più povero.
Tipo due: si pesca tutti meno per diversi anni di vacche povere, ma la fauna ittica recupera e si torna a una situazione sostenibile.
Tipo tre: si difendono i furbi che arricchiscono di più e e gli altri abbozzino, abbagliandoli con promesse e specchietti per le allodole.
Tipo quattro: tutto va bene madama dorè. Basta dare pesce a tutti levandolo a chi pesca con metodi illegali.
Ora: il lago è la capacità della nazione ad essere credibile in presenza di deficit: fino a un certo punto si può indebitarsi, fino a quando non si dubita della capacità di restituire il debito; i furbi... sono i furbi: clientele, evasioni fiscali, lavoro nero.
Avete votato - e voterete - un partito che promuove reazioni più aderenti al tipo 1? 2? 3? 4?
# aggiunto a mano
domenica 6 gennaio 2013
Considerazioni sull'IMU
L'IMU è una tassa ingiusta? Pare che nessuno lo metta in dubbio, nessuno l'abbia voluta, nessuno la voglia mantenere... incongruenze dell'italica politica se non dell'italico popolo.
Controcorrente
E' ingiusta la tassa sulla casa? Eppure una città ha i suoi costi, strade, fogne, servizi coperti, nel migliore dei casi, solo in parte dai canoni di utenza...
Sono convinto che in un paese civile le tasse debbano essere parte della fiscalità generale o tasse di scopo, il cui gettito viene impiegato per un ben specifico scopo. Con un po' di idealismo dico anche che l'impiego dovrebbe essere totalmente trasparente, osservabile e controllabile dal singolo cittadino elettore.
Se le spese della città non sono pagate dai residenti (mi parebbe civile rendere il costo proporzionale alla grandezza e qualità dell'immobile) vuol dire che saranno pagate dalla fiscalità generale, cioè a carico di tutti i cittadini. Indifferentemente dalla località di residenza e quindi dalla qualità del servizio offerto, sfuggendo così l'amministrazione della cosa pubblica a qualsiasi controllo dal basso.. Questo chiedono i sindaci che si stracciano le vesti per l'IMU, piangono per il patto di stabilità, il tutto alla faccia del federalismo che tutti voglio: a me gli onori, ad altri gli oneri?
E' giusta l'IMU? No certo, non solo come tutti i provvedimenti è migliorabile, ma qualche difetto evidente c'è.
L'IMU è regressiva. L'importo non dipende dal reddito ma solo dall'immobile; e l'importo viene dedotto dall'imponibile fiscale, come del resto avveniva per l'ICI. Questo comporta che chi non ha capacità di contribuzione la paga per intero, e più è elevato il reddito, più alto sarà il beneficio di abbattimento dell'imposta. La costituzione italiana prevede l'imposizione progressiva. Progressiva è la fiscalità generale ma in questi ultimi decenni di iperliberismo la progressività viene sempre più a mancare. Non solo perché le tariffe siano meno legate al reddito. Anzi io penso che in un paese con l'evasione a livelli scandalosi, come il nostro, sia meglio che le tariffe siano uguali per tutti (almeno queste le paghino anche gli evasori!). Ma è tendenza di questi ultimi vent'anni e di tutte le economie mature regredire con l'eguaglianza (stupendo questo articolo di Luigino Bruni), diminuendo la progressività dell'imposta diretta, sopratutto per i redditi alti (ricordate l'eliminazione dell'ultima fascia IRPEF) a favore dell'imposta indiretta che non è progressiva.
L'IMU (come l'ICI) privilegia (in maniera scandalosa) i comuni ad alta vocazione turistica: osservo in prima persona lo sfarzo mostrato nei comuni rivieraschi della liguria mentre l'entroterra è desolatamente abbandonato, con comuni non solo microsopici ridotti alla sopravvivenza. Non differente deve essere il resto d'Italia.
L'IMU e ingiusta con gli emigranti, che già affrontano lo sradicamento dal territorio per motivi economici, si costruiscono una vita e quindi in una residenza dove trovano i mezzi di sussistenza, e pagano una tassa maggiorata per la casa avita. Col risultato che viene lasciata andare in rovina (per non pagare in quanto inabitabile) oppure svenduta invece di essere conservata come abitazione estiva che consentirebbe ferie low cost e sopratutto consentirebbe di mantenere il legame con la comunità di origine.
Come dovrebbe essere la tassa sulla casa? Ovviamente è solo il mio parere, ma dovrebbe essere versata interamente, se non direttamente, al comune; usata solo per lo scopo cui è è destinata e con pubblicazione dei capitoli di spesa senza impastoiamenti burocratici che ne rendano illeggibile il bilancio. Anche senza interventi specialistici i cittadini devono potersi rendere conto di quanto è speso per asfaltare, illuminare e pulire le strade, per i sistemi fognari e la manutenzione delle infrastrutture viabilistiche.
Se abito in una città ricca, sarà più bella e più dotata; non sembra ingiusto, entro i limiti imposti dai doveri di solidarietà coi territori disagiati.
Se abito in una città male amministrata ho gli strumenti per rendermene conto (non c'è Roma ladrona che tenga) e se continuo a dar fiducia agli stessi amministratori (molto spesso per la pigrizia di seguire le complicazioni della politica) allora è giusto ne paghi lo scotto. Inveterata abitudine, anch'essa italica, di pretendere che ci pensi qualcuno dall'alto, e senza controllo. E se poi ruba ci si scandalizza.
Non dovrebbe essere diversificata l'aliquota per la seconda casa, è giusto che chi possiede una seconda casa contribuisca in misura maggiore per un presunto maggior reddito? Perché è semplice presunzione che se ho una seconda casa io sia ricco. O non sarebbe più equo che ci fosse una tassazione ulteriore e che fosse legata al reddito prodotto, se affittata (come effettivamente già è); oppure chiamata col suo vero nome, "patrimoniale", ma come tale va calcolata sul vero valore commerciale dell'immobile non su rendite catastali fuori dalla realtà. E limitata a dove l'immobile fosse commercializzabile davvero e non una abitazione vuota in un paese di abitazioni vuote.
Ammetto di essere un poco lontano dal concetto di casa per tutti - e gratis. Ma tanto non devo essere eletto. Diceva Arbore: meditate, gente, meditate.
# aggiunto a mano
domenica 14 ottobre 2012
Abbiamo toccato il fondo?
Non è facile dirlo, o meglio abbiamo pensato in diverse occasioni di
di averlo già raggiunto, ma sembra non sia solo un luogo comune che
il peggio non abbia limite.
La crisi della
democrazia invero non è solo italiana, ma tocca in maniera
diversa tutte le democrazie occidentali, rivelandosi più gravi
quanto più è il peso della organizzazione di partito nella vita
politica; fino a sembrare la causa o una delle cause della gravità
della crisi economica in questi paesi se confrontati con altri.
La particolarità
italiana (in compagnia di qualche altro piigs) è che l'arena
partitica versa in uno stato inguardabile e la credibilità
dell'intero sistema politico ha oltrepassato ogni limite tollerabile;
già una parte non irrilevante di cittadini lo ritiene un orpello
sorpassato, inutile, irrecuperabile (e devo dire che in qualche
attimo di scoramento, di fronte a qualche incredibile porcheria
l'abolizione tout-curt sembra l'unica opzione possibile, tanto il
marcio ha raggiunto le fondamenta.
“La democrazia è la
peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre
forme che si sono sperimentate finora” diceva Churchill, e se ce ne
fosse bisogno, la storia ha pure dimostrato che aveva ragione. Ma
fino a quando non inventeremo un sistema migliore, questo ci conviene
tenere; e immaginare una democrazia non mediata dalla rappresentanza
è utopia (in particolare quando già le dimensioni dello stato non
sono in grado di affrontare le sfide sovranazionali ed occorre
allargare la base governata in solido).
Se non mediata dalla
forma partito (libera associazione di cittadini che perseguono
attività politica) sfocia nel populismo oppure nello scontro tra
vecchi e nuovi egoismi, di ceto, di ricchezza, di territorio. E' la
forma partito che va ripensata per dare spazio a democrazia interna
ma contemporaneamente garantire che continui a perseguire un fine
comune e non possa cadere preda di poteri particolari.
E anche questo non è
semplice, anche se le nuove forme di comunicazione e aggregazione
lasciano intravedere una qualche possibilità di organizzazioni
reticolari anziché gerarchiche con posizioni derivanti dalla
collaborazione (un “molti verso molti”) anziché sul
convincimento (un “pochi verso molti”).
Traguardando un tempo
breve (uno dei principali difetti del nostro sistema politico è
proprio che il continuo misurarsi in elezioni dal significato sempre
e comunque nazionale spinge per decisioni il cui frutto sia visibile
a breve) non possiamo perderci in discorsi troppo filosofici, ADESSO
un partito deve essere credibilmente NUOVO, ogni sospetto di vecchio
riciclato è campagna elettorale a favore di Grillo.
Per questo sono
dell'opinione che sia estremamente importante, per non dire
fondamentale, dare una garanzia all'elettore in questo marasma di
proposte in cui tutti sono centristi e moderati oppure puri e duri, e
senza differenza puliti sostenitori del bene comune e disgustati
dall'approfittare della posizione per interesse personale.
Il
minimo che si possa imputare a chi è da tempo (non necessariamente
immemore) nell'agone politico è abnorme ingenuità nel non aver
capito quanto marcio è il sistema. Oppure disonestà, o almeno
essere disposti a tollerarla, o non essere in grado di combatterla, o
essersi assuefatto ad essa e tollerarla: in nessun caso meritevole di
ulteriore fiducia.
Un
partito che voglia la mia fiducia
allora deve adottare statuariamente il limite di mandati a tutte le
cariche interne ed elettive e a tutte le posizioni di nomina politica
in comitati, consigli di amministrazione e baracconi vari. Che altra
proposta potrebbe convincermi quando ormai nulla più mi stupisce?
# aggiunto a mano
sabato 28 aprile 2012
Chi paga le strade? (nota intorno al populismo e all'antipolitica)
Davanti a casa mia c'è una strada. Fin qui nulla di strano, succede a molti.
Questa strada è asfaltata. Sulla strada si affaccia il mio garage, e l'inverno viene pulita dalla neve; sotto l'asfalto scorre la fogna, cui la mia casa è collegata.
Tutto ciò,ce non solo, e per tutte le case della mia città, non lo pago io, ma il mio comune; con soldi veri, facendo lavorare persone vere: chi altri dovrebbe pagarlo?
E' onere e onore della comunità locale, e nei paesi civili si paga attraverso la tassazione di abitazioni e attività produttive, cioè di chi ne gode i frutti.
Leggo sempre più spesso attacchi alla reintroduzione dell'ICI (ora IMU, come dire diversamente ICI) e ad altre forme di tassazione, e osservo con crescente preoccupazione gli italiani farsi convinti che tutto è dovuto e nulla è da pagare, ammaliati da istrioni e abbindolati da falsi profeti.
Aboliamo l'ICI (chi mi conosce sa che devo pagarla, e che critico l'abolizione da tempi non sospetti) e asfalteremo le strade a spese di chi? Solo delle attività produttive, già sufficientemente massacrate da essere specie in pericolo di estinzione nel nostro paese? Della collettività generale, nonostante fossimo tutti diventati federalisti, o non c'è più una riforma in itinere?
Mi diverte vedere i sindaci (!) schierarsi contro l'IMU, di cui incassano l'intero importo per la prima casa: non è troppo comodo pretendere ritorni dallo stato (per spendere) senza renderne conto ai concittadini (di quanto si deve e si può spendere)?
E poi ricordare che sotto la strada c'è la distribuzione di acqua, luce, gas, telefono e banda. Affidiamo tutto al mercato, per cui non ci sarà acqua, luce, gas e banda per la campagna, per i quartieri poveri, per le città dormitorio e comunque dove non c'è un ritorno? E perché non eliminare la tassazione in totale e rinunciare a polizia, difesa, smaltimento rifiuti, protezione dell'ambiente, ospedali, scuole e civiltà?
Giusto scandalizzarsi per quanto male i soldi sono stati e sono spesi, ma attenzione a voler non riflettere e buttare l'acqua sporca col il bimbo dentro. Vi piacerebbe una società con gli ospedali solo per i ricchi, le scuole per chi se le può permettere, quartieri blindati da polizie private ed altri allo sbando sociale? Dove la misura sia il bene privato e non il bene comune, in cui la persona conti per la capacità di spesa e non in quanto cittadino, persona, uomo? Questa e la strada giusta; diceva Nice, la legge è un'invenzione dei più deboli per incatenare i più forti.
Non ci piace l'attuale situazione, corruttela e privilegio dominante? Eppure sono quarant'anni che NOI - cittadini - tolleriamo, giustifichiamo e affranchiamo corruzione, clientelismo e parassitismo sociale: dove eravamo quando c'era da sturarsi il naso?
Ora preferiamo la sospensione della democrazia, perché questo è la rinuncia alla politica, non il governo tecnico, che se mai somiglia più alla dittatura nella Roma antica che nella storia moderna; è molto più comodo e facile che tirarsi su le maniche e rimettere ordine nella nostra vita personale e collettiva.
Buona fortuna.
# aggiunto a mano
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